Poesia
Elle est retrouvée. Quoi ? - L'Eternité. C'est la mer allée avec le soleil.
(Arthur Rimbaud)

In questa sezione troverai:
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Il breve tempo dell'abbandono
Notturni (estratto)
Intima seduzione (estratti)
Il poema di Maria Maddalena (estratti)
Reminescenze (estratto)
Carmina febriculosa (estratti)
Chant de Rimbaud
L'uraganë
Infanzia
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Il breve tempo dell'abbandono
Primo componimento ufficiale
Anno di composizione: 2012
Metrica: libera
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È nero il colore della vita,
del grande male, dell'amore
quando folle t'imprigiona
là, dove una piuma impone
il breve tempo dell'abbandono.
È nero il colore d'un sorriso,
perché ti tradisce in volo
quando spalanchi le ali, qui
tu che accogli il cielo circonfuso,
sei trafitto, ancora e ancora...
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Notturni
Anno di composizione: 2023
Metrica: endecasillabi sciolti
Estratto
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Notturno n° 1
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Ognuno è solo davanti alla notte,
E il silenzio mira mentre una luce
Calda lo avvolge e dalla lenta morte,
Che è li ad un passo o a pochi metri in sotto,
Lo salva, lo abbraccia, e in tacita angoscia
Una grande foresta nera in via
Cerca di contemplare o di fermare,
Una foresta che imperversa in sù,
Che come un'onda s'infrange nel petto
Ansimante, il mio, doloroso e vivo:
È lo mio petto che sanguina, e grida,
È quella stessa onda che incanta e gioca,
È il passo del bambino che si perde
Tra le strade deserte; è quella vecchia
Il cui guardo è abisso di atri abissi;
È lo mio petto una selva dulciana
Che racchiude interminabili spazi,
È una voce in sottofondo che intona
L’olezzo petrìcore delle strade.
È lo mio petto uno struggente manto
In cui occhi stanchi vorrebbero alfin
Riposare, come una viride foglia
Ricorperta di bianca e pura neve.
È lo mio petto una nube dipinta
Da ruvide mani che m'accarezzano,
Una nube da cui uno squarcio in mezzo
Avvampa, una luce che all’improvviso
Penetra in limpida disperazione,
La incalza, la vuole vincere e lotta.
Vi dirò alfin che cos’è lo mio petto:
Un sepolcro d’idee e segreti arcani
Un sepolcro di beltà rare – e d’amori.
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Guardo: sguardo
Dulciana: che rieccheggia suoni di viole
Petricore: odore durante e dopo la pioggia
che interrope un periodo secco
Viride: verde
Avvampa: che si accende, che risplende
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Intima seduzione
Anno di composizione: 2015
Metrica: versi liberi
Estratti
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I
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Indugio nella sala del trono
A raccontare di me, ah! I veli
Non facilmente decantano purezza,
Ma benefico è il tuo liquido:
Quel torrente sempre in piena
Che la mia nudità senza scampo
Inonda.
Quanti versi abbiamo composto assieme?
Quanti ancora ne restano?
Non è forse vero che scriviamo ciò che siamo?
Avanti poeta, avanti... non smarrire la via.
- A noi due?
Questa è la professione suprema
Questa ti è da sentiero per i tuoi passi,
Ascoltala...poiché essa è l'inno di lode
Che consola le ferite della tua carne.
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XI
Ancora un giorno, o Ebbrezza,
E di me farai il tuo parto.
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Il poema di Maria Maddalena
Anno di composizione: 2016
Metrica: libera
Estratto
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II
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Ho tra le mani la tua corona,
Le spine mi penetrano nel petto
Il ricordo cerca di raggiungerti
Ma la tua mano mi respinge.
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Mentre gli angeli sostengono la mia ascesa
Io copro la nudità e stringo il seno nel tuo sguardo.
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Nessuno mi ha mai avuta:
Il bacio io non l'ho dato.
Ma tu hai avuto tutto di me
Hai perfino sciolto il turbamento:
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Una frenetica voglia ardente.
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Adesso quel balsamo zampilla
Con dolcezza verso di te,
E il tuo verso di me, e prego
Prego in noi smarrimento:
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Il compiuto impeto dell'ebbrezza.
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Piegata nelle ginocchia
Sorreggo il calice della vita
Prostrata in avanti, gettata
In questa via senza ritorno.
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La mia ombra si specchia
La luce si espande intorno
È come se guardandomi
Io vedessi una foresta dorata
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Avvolgermi come tenera pioggia che cade.
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L'areola è coperta dalla tua bocca
Il desiderio è limpido, carnale
Una potente oscurità mi domina:
Cosa vuoi ch'io faccia, Signore?
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(...)
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IV
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Sospiro ancora dalla terra, dai campi
La memoria cammina nella valle,
Nubi si addensano lungo la strada:
Lasciata per via, ripercorro
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I ricordi infantili al gregge.
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Chi raccolse il tenero usignolo?
Chi asciugò le tristezze zuccherate?
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Troppo presto conobbi aridità
Ma seppi affrontare con sfrontatezza
Le bufere nei villaggi:
I tradimenti degli uomini inferiori.
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Tuttavia amavo passeggiare
Nelle notti silenziose
Sotto una luna di petali,
Amavo malinconicamente
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Specchiarmi nella mia bellezza.
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Poi udii una voce: "Il Messia! Il Messia!"
Folle muovevano passi allucinatori
Ogni mistero parea svelato
Nella tomba deridevano
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La realtà dei limiti.
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Sofferenza e disperazione
Ingiustizia e dolore
Erano state soppresse
Nel nome del prescelto.
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La buona novella di Dio
- Il Dio degli eserciti -
Da una manciata di precetti
Divenne
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Una miserabile storia d'amore.
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In quel momento
Anch'io impiccai
La moltitudine
Bisognosa:
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Minacciavano la mia unicità.
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Pensai alla brevità dell'esistenza
Alle bruttezze degli stremati
Alle condanne dei ladri
All'oblio degli anni:
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Mi ribellai fermamente
Alle dolcezze celesti.
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Guardare in faccia la quotidianità
Mi aiutò a disprezzare le vane promesse.
Soltanto la danza mi rendeva leggera:
In me non c'era nessuna durezza.
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Per il mondo sono un prodigio,
Per la betulla soffice neve che ammanta.
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Appartengo ai tempi leggendari,
Dovrei avere una schiera di servi
Qualcuno dovrebbe ascoltare
Il mio canto sui giardini.
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Perché non bussano alla mia porta?
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Reminescenze
Anno di composizione: 2023
Metrica: endecasillabi sciolti
in stile severo
Estratto
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I. A Roma imperiale
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Pur ti rivedo amor prisco di patria,
Ché rimembranza arcana il petto strugge.
Veggo ancor Roma di virtude e brandi,
Roma deh! veggo, dolce suon dell'alma.
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Non vano è il desio del cantar lontano
Del bramar altro (e non sì strania terra).
Duro popol glorioso il cor disegna,
Fero spirto che sangue e morte abborre.
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Eppur da immemore, ahinoi, tempo troppo
Abbominevol croce spiace ancor:
Rinserra infatti oggi viltade infame,
Empio pensiero il flebil cor previene.
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Tornar ad antico più ognor si dée,
E a favellar questo con gaudio raro.
Nomar da noi pura e raggiante etade,
Deh sola speme a noi fia - libertade.
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Carmina febriculosa
Anno di composizione: 2023
Metrica: distico moderno, versi liberi
Estratto
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I
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Noli maerere homo quod scribes memoralia
Quin magna cum uoluptate aheneis fortasse pilis.
Haec tota bellissima constitues pro otio tuo,
Pro ualetudine tua: uacuos es, homo! Vacuos!
Omnia tempora percellunt, dein scito te orbe terrarum
Deturbari sine moraque: spirando maxume.
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V
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Vertisti mihi dicens meos amare capillos,
Et magna significatione dixisti mente mature
Mehercule me aggredi: largiendo culum tuom.
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VII
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Precamini deum esse infinitum,
At scimus immo uniuersum istud
Infinitum esse uel continenter plura.
Aut hoc aut illum: ni dantur alia.
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X
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Pipiant mei pulli expectantes mammam;
Sed nihil uenit, mortuast mamma uia.
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Chant de Rimbaud
Anno di composizione: 2023
Metrica: alessandrino francese
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Je vois la mer frapper mes délectables traits
Et son regard profond qui sublime un regret.
Je vois tomber l’esprit dans de lieux des chagrins
Et un joug méprisent à jamais mes besoins.
Je vois les ennemis et le courroux du monde
Sans pouvoir rien changer avec une fleur sombre.
Il faudra trop pleurer un soupir éternel,
Il faudra trop chanter la peine maternelle...
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L'uraganë
Anno di composizione: 2023
Metrica: endecasillabo
Lingua: dialetto ortonese (Italia, Abruzzo)
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Mo v'accondë la schtorië dï cullù
Cullù ca zë chièmë panzë pë rittë.
Nu ggiòrnë arrivë zittë zittë abballë
A lu marë, scì!, nu grossë uraganë.
La ggendë allundànnë l'Iddië 'mprechévë
E currevë currevë a la schtazionë
Pë' ppià la funivië e irsënë lundanë.
Allorë panzë pë rittë gridevë:
"Quanda sëtë scimë! Oh! Ca ihè passeggérë!"
Dettë quessë la ggendë agnà vulevë!
Vulevë, gnorscì, e piagnevë piagnevë!
Iérë la finazionë de lu monnë.
Allundànnë i' më so gïrètë a védë
Si panzë pë rittë angorë parlevë.
Zavè mortë! E sopra'llalbërë rottë
Schtattevë 'nfïlzetë a nu grossë ramë.
Tuttë lu sanghë 'mbussë scì! a le fuojë!
Ië schtevë preoccupètë e iévë sudènnë,
E tuttë l'ucchië'ammé zavè 'rrapertë
E so pënzètë a cu lu vocc'apertë.
Quess'iè lu condë de panzë pë rittë:
Iérë burlone e cafonë, e 'gnurantë,
Gnorscì iévë ridènnë... e za mortë bbruttë.
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Infanzia
Anno di composizione: 2025
Metrica: endecasillabo
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La mesta aria del giorno a me straniero
Pregna, è ver, di quell'effluvio incensato
De' caminetti antichi che un tempo
Andava io salutando sì giocondo...
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Inabissato or sono ne' ricordi
Di quella mia infanzia lontan lontana
E di molti che mi corrispondevano
Non è rimasto alfin nessuno, e pur
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Dietro a' quei pochi frammenti, un'imago:
La morte amica... che i giorni... miei... uccide...
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